C’era aspettativa e timore per la fiction – anzi dramedy sentimentale – che ha debuttato ieri sera su Rai 1, liberamente tratta dai racconti di Maurizio de Giovanni. Dodici episodi, un cast di primissimo piano e una straordinaria Serena Rossi che veste i panni di Gelsomina Settembre, assistente sociale che lavora nei Quartieri Spagnoli di Napoli: ieri sera, al debutto, la serie è stata seguita da 5,836 milioni di spettatori, con uno share del 22,6%. Dopo ispettori, commissari, medici, suore e preti, la tv porta in prima serata una professione complessa e di frontiera, fino ad oggi in verità piuttosto bistrattata dalla narrazione pubblica.
«Avete presente l’assistente sociale di Francesco Nuti in Tutta colpa del paradiso?. La raffigurazione plastica dell’assistente sociale nel cinema è quella: “Io li conosco quelli come lei… E comunque suo figlio lei non lo vedrà mai più! Glielo ridico, mai più!”, che fa scattare in Nuti la celebre invettiva», dice Federico Basigli, assistente sociale in un comune, consigliere con delega alla comunicazione del Cnoas- Consiglio Nazionale Assistenti sociali. «Io ho fatto la tesi sull’assistente sociale nel cinema, è quasi sempre una figura terribile… Pensiamo anche a Mrs Doubtfire o a Ladybird ladybird in cui l’assistente sociale è un po’ il braccio armato del governo tatcheriano, angosciante. … Qui c’è una figura diversa, empatica, positiva, aderente alla realtà pur con gli eccessi di una fiction. Ce n’era un gran bisogno!».
«A me Mina Settembre è piaciuto: leggera e sincera. È un po’ una wonderwoman, d’accordo, ma nello stesso modo in cui è ovvio che non tutti i parroci risolvono omicidi... Ho apprezzato tanto il modo di Mina di essere nella sua comunità, non è solo una professionista ma una persona vera, come siamo tutti. Questo è il lato molto positivo. Si rende giustizia anche al privato di un assistente sociale: lei prova a rimettere insieme la sua vita… gli stessi problemi che ha una persona che si rivolge a noi… li possiamo avere noi», dice Gianmario Gazzi, presidente del CNOAS. «Chi non vorrebbe incontrare un’assistente sociale come Mina settembre? Quel livello di emozionalità, comprensione, di esserci… è questo aspetto dell’assistete sociale che finalmente viene fuori e che finalmente rompe il pregiudizio del burocrate distaccato. Mi sembra un bel passo avanti nella rappresentazione. Questo è un tema importante, tra i colleghi c’è molta voglia di essere rappresentati in modo diverso»… (continua)